GIANMARCO ZIGONI

Attaccante
Nato a Oderzo (TV) il 10 maggio 1991
Esordio in A: 28 marzo 2010, Milan-Lazio 1-1

2005-06 TREVISO A 0 0 0 0
2006-07 TREVISO B 0 0 0 0
2007-08 TREVISO B 0 0 0 0
17 2008-09 TREVISO B
17 2009-10 MILAN A

(legenda)

«Io ero un matto, lui è un bravo ragazzo; non sono sicuro che sia mio figlio. E poi glielo dico sempre: tu sei più forte. Hai il fisico, il destro, il sinistro, sei un combattente. Io se non era giornata stavo fermo in mezzo al campo». Da Gianfranco a Gianmarco; da Zigoni a Zigoni: di padre in figlio. Gianfranco Zigoni, e chi se lo scorda quello lì? Il matto, come lui stesso si definisce, del calcio anni 60-70: Genoa, Juventus, Roma, Verona e Brescia. L’uomo con la pelliccia in panchina, il cappello in testa e la pistola nella fondina. «Matto mi ci hanno fatto diventare le bombe, perché sono nato in piena guerra, io! Ribelle sono diventato a scuola: i maestri in prima elementare mi picchiavano perché ero mancino o mi mettevano in ridicolo davanti ai compagni. Era la mano del diavolo e me la bastonavano. Il piede no, quello avevo, solo quello: un sinistro che era il sinistro di Dio».

Da questa lotta non poteva che venire fuori Gianfranco Zigoni, detto Zigo, quello che «la gloria è tutto e il tutto è nulla»; quello che «io non sono stato il numero uno, ma non ero secondo a nessuno »; quello che «ero il più forte del mondo e potevo fare quello che mi pareva, anche giocare ubriaco» . E’ lunga la lista dei colpi di testa di questo calciatore irriverente ed estroso e anche pieno di sé. Alcool, sigarette, donne. Oggi è un uomo di 64 anni, 4 figli, due per moglie, che ride di sé, che non rinnega nulla e che si stupisce del suo ultimogenito: 17 anni, attaccante del Treviso, che lunedì sera ha debuttato in serie B con un gol ed è goleador della Primavera. Il ritorno di Zigoni e il contrario di Zigoni. «Solo il nome è simile. Marco mi piaceva ma era corto, così gli ho messo davanti Gian, come me e suona allo stesso modo. Educato, determinato, un talento naturale. Lui rispetta le regole».

Invece Gianfranco lasciò la Juventus perché le regole non gli piacevano, gli imposero il taglio di capelli e lo controllavano la sera. «E poi mi sentivo un numero, giocavo poco. Andai a Roma, la città più bella del mondo. Lì sì che mi sentivo libero. Mi piacerebbe che ci giocasse anche Gianmarco, ma lui sogna la Juventus che non è tra le squadre che lo cercano. Farà quello che vuole, noi di calcio parliamo poco. Quando dico qualcosa lui rimane zitto, però forse ascolta, perché quel gol lunedì... ha fatto quello che gli dico sempre di fare».

Gianfranco, che ha giocato contro Pelé, spera che il suo Gianmarco possa giocare contro Totti ( «il più forte del mondo» ) e con Del Piero ( «l’idolo di mio figlio» ). Tra di loro non si parla di calcio, ma ha obiettato sulla scelta del numero 17. «Io sono superstizioso, ma mi sbagliavo » . Ma se non parla con il figlio, lo fa con i bambini a cui insegna il calcio, non quello che faceva lui quando era calciatore. «Ho il cervello di un bambino, per questo alleno, anzi gioco con i bambini. Io ho 9 anni come loro. Insegno a ridere e scherzare, ché il calcio non è la vita e si gioca tutti».

(Valeria Ancione | Il Corriere dello Sport-Stadio | 28 gennaio 2009)



La carriera in nazionale (figc.it)